Se
chiedete in giro un esempio di cosa poetica, probabilmente molti vi
risponderanno: un bacio, un tramonto, un cielo stellato. Io invece vi dirò:
Google Street View. Sì, proprio così: a Mountain View credevano di aver creato
un servizio di mappatura del globo terrestre, e invece per me hanno creato un
componimento poetico involontario di portata eccezionale.
Mettiamola
così: uno dei lavori che mi sarebbe piaciuto fare da bambino era il macchinista
delle ferrovie. Trovavo irresistibile il fascino di attraversare interi paesi
addormentati nel cuore della notte, alla guida del mio treno carico, ad
esempio, di derrate alimentari che il giorno dopo sarebbero finite sulle tavole
delle cucine delle case che vedevo sfilare ai lati dei binari. Volevo
immaginare il contenuto di quelle case, le suppellettili di cristallo disposte
con cura sul centrino ricamato del tavolo buono della sala da pranzo prendere
vita per un attimo attraversate fugacemente dai fari del mio treno, e poi ritornare
buie e silenziose alla loro inutile vita notturna, in attesa di rientrare a far
parte della famiglia il giorno dopo, al sorgere del sole. Volevo immaginare
ragazze e ragazzi adolescenti rigirarsi nel letto tra lenzuola tiepide e un po’
umide a causa del gran caldo, avvolti dal profumo del cotone lavato da poco e
del deodorante lasciato aperto sul comodino, sprofondati nel loro sonno
vagamente inquieto, costellato di desideri veementi e riscaldato da speranze
illimitate, ma disturbato dai primi ostacoli quotidiani. Volevo immaginare coppie
focose gementi in letti matrimoniali e coppie gelide sbuffanti in letti
separati, anziani soli arrancare a piccoli passi verso la cucina per riempire
un bicchiere d’acqua sotto la fontana dopo averla lasciata scorrere per bene, e
cagnolini dormire sul tappeto aprendo un occhio ogni mezz’ora e pensando tra sé
e sé ‘tutto è tranquillo, posso continuare a ronfare’.
Insomma,
mi sarebbe piaciuto trovarmi in una posizione privilegiata che mi desse uno
sguardo d’insieme, una sensazione tangibile e palpabile del fatto che la vita
scorre.
Solo
che non ho più fatto il macchinista ma qualcosa d’altro, e avevo accantonato questa
idea da tempo.
Ma
poi è arrivato Street View, e con mia gran gioia, ora dalla mia scrivania posso
spiare il lungomare di Ragusa com’era tre anni fa, posso soffermarmi sui
dettagli scoloriti delle lettere sulle insegne dei bar, guardare com’erano
vestiti i giovani quel giorno e sentire la brezza e gli odori dell’autunno
siciliano investire improvvisamente i miei sensi; poi posso in un batter d’occhio
trasferirmi nell’inverno di una remota frazione di un paesino in provincia
dell’Aquila e lasciarmi avvolgere dal profumo della legna bruciata proveniente
dai camini; e così via, in un viaggio che ha termine solo quando lo decido io.
Il
cielo stellato sarà anche immenso e affascinante, ma io l’ho sempre trovato un
po’ troppo privo di vita per essere poetico; in effetti, non sappiamo neanche
se ne contenga effettivamente di vita, e anche se ci fosse mi sembrerebbe un
po’ troppo diluita. Guardarlo a lungo mi ha sempre causato un freddo brivido
lungo la schiena.
Preferisco
di gran lunga il fascino immenso della infinita complessità di tutto ciò mi
circonda, rispetto al fascino etereo di ciò che si trova a migliaia di anni
luce da me, e che con tutta probabilità sta bene dove sta.
2 commenti:
Che incantevole sintesi di sensazioni, ricordi, attitudini hai composto :-) un piacere, questa lettura, e un piacere di ritrovarsi nella tua sensorialità. Grazie.
Grazie a te Minerva.
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