lunedì 4 novembre 2013

Conversazioni



Si parlava con L della definizione di ‘arte’. Mi diceva che parlandone a tavola in famiglia, son giunti alla conclusione che arte è qualcosa che è in grado di commuovere e che coinvolge una certa quantità di abilità tecnica.
E ma scusa, dico io, allora un falso, una copia di un capolavoro della pittura ha lo stesso valore artistico dell’originale? Proprio tu che ti occupi di creatività nella vita... perché non aggiungere la parola ‘originale’ alla tua definizione? Un’opera d’arte è tutto questo, ma dev’essere anche originale. Va bene, che bravo che sei. Grazia cara, è sempre un piacere parlare con te....
E poi stanotte pensavo: e l’orinatoio di Duchamp? Richiedeva forse abilità tecnica? Ha commosso qualcuno? Quanti hanno versato una lacrima davanti al biancore della sua forma? Eppure qualcosa voleva esprimere: la rivolta contro tutto quello che era stato considerato arte fino ad allora. E anche se non è un buon criterio per decidere cosa sia arte e cosa no, non c’è dubbio che abbia trovato il suo posto in tutti i libri di storia dell’arte.
E infine, se l’opera non fosse esposta, se fosse rinchiusa in uno sgabuzzino, se fosse stata pensata, ideata in ogni suo più piccolo dettaglio e poi destinata all’oscurità di un ripostiglio, sarebbe ancora un’opera d’arte? Non si può forse fare arte per se stessi, liberi dalla necessità del confronto col resto del mondo, con le mode del momento, con le correnti artistiche, col presente e col passato?
Allora facciamo così: arte è ogni espressione dell’anima di un essere vivente che sia una evoluzione e un superamento delle forme espressive precedenti. Che sia originale per colui che l’ha creata.
Chi sa se L è d’accordo?

lunedì 11 marzo 2013

Oggi 11 marzo 2013.
Oggi, come ieri e come domani, un italiano su tre ama il Cavaliere. I resti carbonizzati della Città della Scienza giacciono nell'aria fredda di marzo. Almeno un altro italiano ha lasciato il paese con l'intenzione di non tornare.

Leggo le altre notizie. Leggo delle leggi anti-omosessualità passate in paesi come Ungheria e Russia. Leggo delle stragi dei narcos in Messico. Vedo un documentario sulla corruzione del potere politico negli Stati Uniti.

Mi sento un po' egoista: perché sono così sorpreso che in Italia esista la corruzione e il malaffare? Perché siamo in tanti a disperarci come se avessimo più diritto di altri popoli alla giustizia, quando probabilmente la situazione italiana non fa che rispecchiare, nei modi che sono più congeniali a noi italiani, la situazione mondiale e, in definitiva, la natura umana stessa?

Penso che molto semplicemente la risposta sia una: il problema è, almeno per me, che ci avevo creduto.
Avevo creduto che l'Italia fosse destinata solo a migliorare.
Non avevo capito che la luce della mente risplende solo in piccole nicchie, spesso disgiunte e molto distanti dal potere.
Non avevo sospettato quanto bassa fosse la qualità di certe realtà professionali.
Perfino quando ho lasciato l'Italia, mi illudevo di essere un professionista che andava a fare un esperienza all'estero.

Mi ci è voluto un sacco di tempo per capire, ma ora ho capito: sono semplicemente un altro emigrato.