venerdì 14 marzo 2008

E' così.
La penna fatica a porsi in contatto col foglio, la mente ebbra di vuotezza si stiracchia nel suo letto fatto di liquor e d'osso; è restia ad alzarsi e guardarsi allo specchio.
Mentre il treno corre lungo la campagna, lungo la città, lungo il mare, lungo il prodotto del lavoro di migliaia di mani e lungo sorgenti di sogni per migliaia di uomini, nulla ribolle nel mio calderone personale posto sopra il collo.
Poche molecole endorfiniche sono state, per ora, sufficienti.
E sfugge una notte di angoscia, rabbia e orrore, sfugge un bacio a lungo bramato quanto temuto, sfugge il puerile accesso d'ira verso chi mi è più vicino, sfuggono e sono fantasmi che giocano a nascondino.
Io continuo a guardare fuori dal finestrino. Il paesaggio che corre mi si riflette negli occhi. E io sono un riflesso del paesaggio.
Nel complesso, comunque, credo di essere ancora io.