lunedì 11 marzo 2013

Oggi 11 marzo 2013.
Oggi, come ieri e come domani, un italiano su tre ama il Cavaliere. I resti carbonizzati della Città della Scienza giacciono nell'aria fredda di marzo. Almeno un altro italiano ha lasciato il paese con l'intenzione di non tornare.

Leggo le altre notizie. Leggo delle leggi anti-omosessualità passate in paesi come Ungheria e Russia. Leggo delle stragi dei narcos in Messico. Vedo un documentario sulla corruzione del potere politico negli Stati Uniti.

Mi sento un po' egoista: perché sono così sorpreso che in Italia esista la corruzione e il malaffare? Perché siamo in tanti a disperarci come se avessimo più diritto di altri popoli alla giustizia, quando probabilmente la situazione italiana non fa che rispecchiare, nei modi che sono più congeniali a noi italiani, la situazione mondiale e, in definitiva, la natura umana stessa?

Penso che molto semplicemente la risposta sia una: il problema è, almeno per me, che ci avevo creduto.
Avevo creduto che l'Italia fosse destinata solo a migliorare.
Non avevo capito che la luce della mente risplende solo in piccole nicchie, spesso disgiunte e molto distanti dal potere.
Non avevo sospettato quanto bassa fosse la qualità di certe realtà professionali.
Perfino quando ho lasciato l'Italia, mi illudevo di essere un professionista che andava a fare un esperienza all'estero.

Mi ci è voluto un sacco di tempo per capire, ma ora ho capito: sono semplicemente un altro emigrato.