domenica 11 novembre 2012

Treni o comete?



Se chiedete in giro un esempio di cosa poetica, probabilmente molti vi risponderanno: un bacio, un tramonto, un cielo stellato. Io invece vi dirò: Google Street View. Sì, proprio così: a Mountain View credevano di aver creato un servizio di mappatura del globo terrestre, e invece per me hanno creato un componimento poetico involontario di portata eccezionale.
Mettiamola così: uno dei lavori che mi sarebbe piaciuto fare da bambino era il macchinista delle ferrovie. Trovavo irresistibile il fascino di attraversare interi paesi addormentati nel cuore della notte, alla guida del mio treno carico, ad esempio, di derrate alimentari che il giorno dopo sarebbero finite sulle tavole delle cucine delle case che vedevo sfilare ai lati dei binari. Volevo immaginare il contenuto di quelle case, le suppellettili di cristallo disposte con cura sul centrino ricamato del tavolo buono della sala da pranzo prendere vita per un attimo attraversate fugacemente dai fari del mio treno, e poi ritornare buie e silenziose alla loro inutile vita notturna, in attesa di rientrare a far parte della famiglia il giorno dopo, al sorgere del sole. Volevo immaginare ragazze e ragazzi adolescenti rigirarsi nel letto tra lenzuola tiepide e un po’ umide a causa del gran caldo, avvolti dal profumo del cotone lavato da poco e del deodorante lasciato aperto sul comodino, sprofondati nel loro sonno vagamente inquieto, costellato di desideri veementi e riscaldato da speranze illimitate, ma disturbato dai primi ostacoli quotidiani. Volevo immaginare coppie focose gementi in letti matrimoniali e coppie gelide sbuffanti in letti separati, anziani soli arrancare a piccoli passi verso la cucina per riempire un bicchiere d’acqua sotto la fontana dopo averla lasciata scorrere per bene, e cagnolini dormire sul tappeto aprendo un occhio ogni mezz’ora e pensando tra sé e sé ‘tutto è tranquillo, posso continuare a ronfare’.
Insomma, mi sarebbe piaciuto trovarmi in una posizione privilegiata che mi desse uno sguardo d’insieme, una sensazione tangibile e palpabile del fatto che la vita scorre.
Solo che non ho più fatto il macchinista ma qualcosa d’altro, e avevo accantonato questa idea da tempo.
Ma poi è arrivato Street View, e con mia gran gioia, ora dalla mia scrivania posso spiare il lungomare di Ragusa com’era tre anni fa, posso soffermarmi sui dettagli scoloriti delle lettere sulle insegne dei bar, guardare com’erano vestiti i giovani quel giorno e sentire la brezza e gli odori dell’autunno siciliano investire improvvisamente i miei sensi; poi posso in un batter d’occhio trasferirmi nell’inverno di una remota frazione di un paesino in provincia dell’Aquila e lasciarmi avvolgere dal profumo della legna bruciata proveniente dai camini; e così via, in un viaggio che ha termine solo quando lo decido io.
Il cielo stellato sarà anche immenso e affascinante, ma io l’ho sempre trovato un po’ troppo privo di vita per essere poetico; in effetti, non sappiamo neanche se ne contenga effettivamente di vita, e anche se ci fosse mi sembrerebbe un po’ troppo diluita. Guardarlo a lungo mi ha sempre causato un freddo brivido lungo la schiena.
Preferisco di gran lunga il fascino immenso della infinita complessità di tutto ciò mi circonda, rispetto al fascino etereo di ciò che si trova a migliaia di anni luce da me, e che con tutta probabilità sta bene dove sta.